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Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836.

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al cardinal Farnese.

che si mettesse a tentare cosa alcuna, et non possendo mai
persuadersi che S. Mta fusse per comportarlo. Pero accadde tutto
per il contrario, che subito senza dimora alcuna fecer passare
l'esercito in quel della chiesa et constrinser S. Sta a redimer la
vexatione con 100 m. sc. et col far una lega con loro: la quale
mandandosi in Spagna, la demostratione che S. Mta ne fece
d'haverlo a male fu che se in essa si conteneva qualche cosa
che fusse in beneficio di N. Sigre et della chiesa, non la volse
ratificare, non ostante che quanto fu fatto in Italia, fussi con
li mandati amplissimi della Mta sua, et tra le altre cose v' era
la reintegratione dei sali dello stato di Milano che si piglias-
ser dalla chiesa, et la restitution di Reggio, di che non volse far
nulla. Havendo N. Sigre veduto gabbarsi tante volte et sperando
sempre che le cose dell' imperatore, ancorche alla presentia
paressero altrimenti, in effetto poi fussero per riuscire migliori et
havendo sempre visto riuscirli il contrario, comincio a dare
orecchie con tante prove che ne vedeva a chi glie l'haveva sem-
pre detto et perseverava che la Mta sua tendessi alla oppressione
di tutta Italia et volersene far sigre assoluto, parendoli strano
che senza un' objetto tale S. Mta si governasse per se et per
li suoi di qua della sorte che faceva: et trovandosi in questa
suspettione et mala contentezza di veder che non gli era os-
servato ne fede ne promessa alcuna, gli pareva che gli fusse
ben conveniente adherire alla amicitia et pratiche di coloro li
quali havessero una causa commune con la santita sua et fus-
ser per trovar modi da difendersi da una violentia tale che si
teneva: et essendo tra le altre cose proposto che disegnando
Cesare levar di stato el duca di Milano et farsene padrone et
havendo tanti indicii che questo era piu che certo non si do-
veva perder tempo per anticipar di fare ad altri quel che
era disegnato di fare a noi, S. Sta non poteva recusare di se-
guitare il camino di chi come dico era nella fortuna com-
mune. Et di qui nacque che volendosi il regno di Francia, la
S. Sria di Venetia et il resto di Italia unire insieme per rileva-
mento delli stati et salute commune, N. S. dava intentione di
non recusare d'essere al medesimo che gli altri s'offerivono: et
confessa ingenuamente che essendoli proposto un in nome et
da parte del marchese di Pescara che egli come mal contento
dell' imperatore et come Italiano s'offeriva d'essere in questa
compagnia, quando s'avesse a venire a fatti, non solamente non
lo ricuso, ma havendo sperato di poterlo havere con effetti, gli
haverebbe fatto ogni partito, perche essendo venuto a termine
di temer dello stato et salute propria, pensava che ogni via che
se gli fusse offerta da potere sperare ajuto non era da rifiu-
tare. Hora egli e morto et dio sa la verita et con che animo
governo questa cosa. E' ben vero et certo questo che simile
particulare fu messo a N. Signore in suo nome: et mandando
S. Sta a dimandarnelo, non solo lo ricuso, ma torno a con-
fermare egli stesso quel che per altri mezzi gli era stato fatto
intendere: et benche le pratiche procedesser di questa sorte,

al cardinal Farnese.

che si mettesse a tentare cosa alcuna, et non possendo mai
persuadersi che S. M fusse per comportarlo. Pero accadde tutto
per il contrario, che subito senza dimora alcuna fecer passare
l’esercito in quel della chiesa et constrinser S. S a redimer la
vexatione con 100 m. sc. et col far una lega con loro: la quale
mandandosi in Spagna, la demostratione che S. M ne fece
d’haverlo a male fu che se in essa si conteneva qualche cosa
che fusse in beneficio di N. Sigre et della chiesa, non la volse
ratificare, non ostante che quanto fu fatto in Italia, fussi con
li mandati amplissimi della M sua, et tra le altre cose v’ era
la reintegratione dei sali dello stato di Milano che si piglias-
ser dalla chiesa, et la restitution di Reggio, di che non volse far
nulla. Havendo N. Sigre veduto gabbarsi tante volte et sperando
sempre che le cose dell’ imperatore, ancorche alla presentia
paressero altrimenti, in effetto poi fussero per riuscire migliori et
havendo sempre visto riuscirli il contrario, cominciò a dare
orecchie con tante prove che ne vedeva a chi glie l’haveva sem-
pre detto et perseverava che la M sua tendessi alla oppressione
di tutta Italia et volersene far sigre assoluto, parendoli strano
che senza un’ objetto tale S. M si governasse per se et per
li suoi di qua della sorte che faceva: et trovandosi in questa
suspettione et mala contentezza di veder che non gli era os-
servato nè fede nè promessa alcuna, gli pareva che gli fusse
ben conveniente adherire alla amicitia et pratiche di coloro li
quali havessero una causa commune con la santità sua et fus-
ser per trovar modi da difendersi da una violentia tale che si
teneva: et essendo tra le altre cose proposto che disegnando
Cesare levar di stato el duca di Milano et farsene padrone et
havendo tanti indicii che questo era piu che certo non si do-
veva perder tempo per anticipar di fare ad altri quel che
era disegnato di fare a noi, S. S non poteva recusare di se-
guitare il camino di chi come dico era nella fortuna com-
mune. Et di qui nacque che volendosi il regno di Francia, la
S. Sria di Venetia et il resto di Italia unire insieme per rileva-
mento delli stati et salute commune, N. S. dava intentione di
non recusare d’essere al medesimo che gli altri s’offerivono: et
confessa ingenuamente che essendoli proposto un in nome et
da parte del marchese di Pescara che egli come mal contento
dell’ imperatore et come Italiano s’offeriva d’essere in questa
compagnia, quando s’avesse a venire a fatti, non solamente non
lo ricusò, ma havendo sperato di poterlo havere con effetti, gli
haverebbe fatto ogni partito, perche essendo venuto a termine
di temer dello stato et salute propria, pensava che ogni via che
se gli fusse offerta da potere sperare ajuto non era da rifiu-
tare. Hora egli è morto et dio sa la verità et con che animo
governò questa cosa. E’ ben vero et certo questo che simile
particulare fu messo a N. Signore in suo nome: et mandando
S. S a dimandarnelo, non solo lo ricusò, ma tornò a con-
fermare egli stesso quel che per altri mezzi gli era stato fatto
intendere: et benche le pratiche procedesser di questa sorte,

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[251/0263] al cardinal Farnese. che si mettesse a tentare cosa alcuna, et non possendo mai persuadersi che S. Mtà fusse per comportarlo. Pero accadde tutto per il contrario, che subito senza dimora alcuna fecer passare l’esercito in quel della chiesa et constrinser S. Stà a redimer la vexatione con 100 m. sc. et col far una lega con loro: la quale mandandosi in Spagna, la demostratione che S. Mtà ne fece d’haverlo a male fu che se in essa si conteneva qualche cosa che fusse in beneficio di N. Sigre et della chiesa, non la volse ratificare, non ostante che quanto fu fatto in Italia, fussi con li mandati amplissimi della Mtà sua, et tra le altre cose v’ era la reintegratione dei sali dello stato di Milano che si piglias- ser dalla chiesa, et la restitution di Reggio, di che non volse far nulla. Havendo N. Sigre veduto gabbarsi tante volte et sperando sempre che le cose dell’ imperatore, ancorche alla presentia paressero altrimenti, in effetto poi fussero per riuscire migliori et havendo sempre visto riuscirli il contrario, cominciò a dare orecchie con tante prove che ne vedeva a chi glie l’haveva sem- pre detto et perseverava che la Mtà sua tendessi alla oppressione di tutta Italia et volersene far sigre assoluto, parendoli strano che senza un’ objetto tale S. Mtà si governasse per se et per li suoi di qua della sorte che faceva: et trovandosi in questa suspettione et mala contentezza di veder che non gli era os- servato nè fede nè promessa alcuna, gli pareva che gli fusse ben conveniente adherire alla amicitia et pratiche di coloro li quali havessero una causa commune con la santità sua et fus- ser per trovar modi da difendersi da una violentia tale che si teneva: et essendo tra le altre cose proposto che disegnando Cesare levar di stato el duca di Milano et farsene padrone et havendo tanti indicii che questo era piu che certo non si do- veva perder tempo per anticipar di fare ad altri quel che era disegnato di fare a noi, S. Stà non poteva recusare di se- guitare il camino di chi come dico era nella fortuna com- mune. Et di qui nacque che volendosi il regno di Francia, la S. Sria di Venetia et il resto di Italia unire insieme per rileva- mento delli stati et salute commune, N. S. dava intentione di non recusare d’essere al medesimo che gli altri s’offerivono: et confessa ingenuamente che essendoli proposto un in nome et da parte del marchese di Pescara che egli come mal contento dell’ imperatore et come Italiano s’offeriva d’essere in questa compagnia, quando s’avesse a venire a fatti, non solamente non lo ricusò, ma havendo sperato di poterlo havere con effetti, gli haverebbe fatto ogni partito, perche essendo venuto a termine di temer dello stato et salute propria, pensava che ogni via che se gli fusse offerta da potere sperare ajuto non era da rifiu- tare. Hora egli è morto et dio sa la verità et con che animo governò questa cosa. E’ ben vero et certo questo che simile particulare fu messo a N. Signore in suo nome: et mandando S. Stà a dimandarnelo, non solo lo ricusò, ma tornò a con- fermare egli stesso quel che per altri mezzi gli era stato fatto intendere: et benche le pratiche procedesser di questa sorte,

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Zitationshilfe: Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836, S. 251. In: Deutsches Textarchiv <https://www.deutschestextarchiv.de/ranke_paepste03_1836/263>, abgerufen am 14.06.2024.