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Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836.

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Instruttione

guito male. Ecco che mentre le cose son piu ferventi che mai,
viene el padre generale dei Minori, al quale havendo N. Sigre
nel principio della guerra andando in Spagna dette buone pa-
role assai dell' animo suo verso l'imperatore et mostratoli quali
sariano le vie per venire a una pace universale, la Mta sua lo
rimando indietro con commissioni a parole tanto ample quanto
si poteva desiderare, ma in effetto poi durissime: pur deside-
rando N. Sigre d'uscirne et venire una volta a chiarirsi facie ad
faciem con l'imperatore, se vi era modo o via alcuna di far
pace, disse di si et accetto per le migliori del mondo queste
cose che l'impre voleva da sua santita et quello che la Mta sua
voleva dare: et volendo venire allo stringere et bisognando far
capo col vicere, il quale si trovava anch' esso arrivato a Gaetta
nel medesimo tempo con parole niente inferiori di quelle che
el generale haveva detto, queste conditioni crescevano ogn'hora
et erano infinite et insoportabili da potersi fare: con tutto cio
niente premeva piu a N. Signore che esser costretto a far solo
accordo con l'imperatore in Italia, perche la causa che moveva
a farlo, etiam con grandissimo danno et vergogna sua, era l'u-
nione et pace in Italia et il potere andare all' imperatore, et se
la Signoria di Venetia non gli consentiva, questo non poteva
occorrere, et per praticare il consenso loro, stando il vicere a
Frusolone, si fece la sospensione dell' armi otto giorni, tra
quali potesse venire la risposta di Venetia, et andando con
esse il signor Cesare Fieramosca, non fu prima arrivato la che
gia essendosi alle mani et liberato Frusolone dall' assedio non
si pote far niente: nel qual maneggio certo che N. Signore
ando sinceramente et cosi ancora il revmo legato, ma trovan-
dosi gia l'inimici a posta et con l'armi in mano, non era pos-
sibile di trattare due cose diverse in un tempo medesimo. --
-- Si potrebbe maravigliarsi che doppo l'aver provato l'animo
di questa parte et restarsi sotto con inganno, danno et ver-
gogna, hora volens et sciens, senza necessita alcuna, libero dalla
paura del perdere, sicuro di guadagnare, non sapendo che amicitia
acquistassi, essendo certo della alienatione et nemicitia di tutto il
mondo et di quei principali che di cuore amano la Sta sua, andasse
a buttarsi in una pace o tregua di questa sorte. Ma havendo sua
Sta provato che non piaceva a dio che si facessi guerra, per-
che ancorche havessi fatto ogni prova per non venire ad arme
et di poi essendovi venuto con tanti vantaggi, il non haver ha-
vuto se non tristi successi non si puo attribuire ad altro, ve-
nendo la povera christianita afflitta e desolata in modo insoffri-
bile ad udirsi da noi medesimi, che quasi eravamo per lassar
poca fatica al Turco di fornirla di rovinare, giudicava che nes-
sun rispetto humano dovessi per grande che fusse valer tanto
che havessi a rimuovere la Sta sua da cercar pace in compagnia
d'ogn' uno, non possendola haver con altri, farsela a se stessa,
et massime che in questi pensieri tornorno a interporvisi di
quelli avvisi, et nuove dell' animo et volunta di Cesare dispo-
sto a quello che suol muovere le S. Sta mirabilmente havendo

Instruttione

guito male. Ecco che mentre le cose son piu ferventi che mai,
viene el padre generale dei Minori, al quale havendo N. Sigre
nel principio della guerra andando in Spagna dette buone pa-
role assai dell’ animo suo verso l’imperatore et mostratoli quali
sariano le vie per venire a una pace universale, la M sua lo
rimandò indietro con commissioni a parole tanto ample quanto
si poteva desiderare, ma in effetto poi durissime: pur deside-
rando N. Sigre d’uscirne et venire una volta a chiarirsi facie ad
faciem con l’imperatore, se vi era modo o via alcuna di far
pace, disse di sì et accettò per le migliori del mondo queste
cose che l’impre voleva da sua santità et quello che la M sua
voleva dare: et volendo venire allo stringere et bisognando far
capo col vicerè, il quale si trovava anch’ esso arrivato a Gaetta
nel medesimo tempo con parole niente inferiori di quelle che
el generale haveva detto, queste conditioni crescevano ogn’hora
et erano infinite et insoportabili da potersi fare: con tutto cio
niente premeva piu a N. Signore che esser costretto a far solo
accordo con l’imperatore in Italia, perche la causa che moveva
a farlo, etiam con grandissimo danno et vergogna sua, era l’u-
nione et pace in Italia et il potere andare all’ imperatore, et se
la Signoria di Venetia non gli consentiva, questo non poteva
occorrere, et per praticare il consenso loro, stando il vicerè a
Frusolone, si fece la sospensione dell’ armi otto giorni, tra
quali potesse venire la risposta di Venetia, et andando con
esse il signor Cesare Fieramosca, non fu prima arrivato là che
gia essendosi alle mani et liberato Frusolone dall’ assedio non
si potè far niente: nel qual maneggio certo che N. Signore
andò sinceramente et così ancora il revmo legato, ma trovan-
dosi gia l’inimici a posta et con l’armi in mano, non era pos-
sibile di trattare due cose diverse in un tempo medesimo. —
— Si potrebbe maravigliarsi che doppo l’aver provato l’animo
di questa parte et restarsi sotto con inganno, danno et ver-
gogna, hora volens et sciens, senza necessità alcuna, libero dalla
paura del perdere, sicuro di guadagnare, non sapendo che amicitia
acquistassi, essendo certo della alienatione et nemicitia di tutto il
mondo et di quei principali che di cuore amano la S sua, andasse
a buttarsi in una pace o tregua di questa sorte. Ma havendo sua
S provato che non piaceva a dio che si facessi guerra, per-
che ancorche havessi fatto ogni prova per non venire ad arme
et di poi essendovi venuto con tanti vantaggi, il non haver ha-
vuto se non tristi successi non si può attribuire ad altro, ve-
nendo la povera christianità afflitta e desolata in modo insoffri-
bile ad udirsi da noi medesimi, che quasi eravamo per lassar
poca fatica al Turco di fornirla di rovinare, giudicava che nes-
sun rispetto humano dovessi per grande che fusse valer tanto
che havessi a rimuovere la S sua da cercar pace in compagnia
d’ogn’ uno, non possendola haver con altri, farsela a se stessa,
et massime che in questi pensieri tornorno a interporvisi di
quelli avvisi, et nuove dell’ animo et voluntà di Cesare dispo-
sto a quello che suol muovere le S. S mirabilmente havendo

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[254/0266] Instruttione guito male. Ecco che mentre le cose son piu ferventi che mai, viene el padre generale dei Minori, al quale havendo N. Sigre nel principio della guerra andando in Spagna dette buone pa- role assai dell’ animo suo verso l’imperatore et mostratoli quali sariano le vie per venire a una pace universale, la Mtà sua lo rimandò indietro con commissioni a parole tanto ample quanto si poteva desiderare, ma in effetto poi durissime: pur deside- rando N. Sigre d’uscirne et venire una volta a chiarirsi facie ad faciem con l’imperatore, se vi era modo o via alcuna di far pace, disse di sì et accettò per le migliori del mondo queste cose che l’impre voleva da sua santità et quello che la Mtà sua voleva dare: et volendo venire allo stringere et bisognando far capo col vicerè, il quale si trovava anch’ esso arrivato a Gaetta nel medesimo tempo con parole niente inferiori di quelle che el generale haveva detto, queste conditioni crescevano ogn’hora et erano infinite et insoportabili da potersi fare: con tutto cio niente premeva piu a N. Signore che esser costretto a far solo accordo con l’imperatore in Italia, perche la causa che moveva a farlo, etiam con grandissimo danno et vergogna sua, era l’u- nione et pace in Italia et il potere andare all’ imperatore, et se la Signoria di Venetia non gli consentiva, questo non poteva occorrere, et per praticare il consenso loro, stando il vicerè a Frusolone, si fece la sospensione dell’ armi otto giorni, tra quali potesse venire la risposta di Venetia, et andando con esse il signor Cesare Fieramosca, non fu prima arrivato là che gia essendosi alle mani et liberato Frusolone dall’ assedio non si potè far niente: nel qual maneggio certo che N. Signore andò sinceramente et così ancora il revmo legato, ma trovan- dosi gia l’inimici a posta et con l’armi in mano, non era pos- sibile di trattare due cose diverse in un tempo medesimo. — — Si potrebbe maravigliarsi che doppo l’aver provato l’animo di questa parte et restarsi sotto con inganno, danno et ver- gogna, hora volens et sciens, senza necessità alcuna, libero dalla paura del perdere, sicuro di guadagnare, non sapendo che amicitia acquistassi, essendo certo della alienatione et nemicitia di tutto il mondo et di quei principali che di cuore amano la Stà sua, andasse a buttarsi in una pace o tregua di questa sorte. Ma havendo sua Stà provato che non piaceva a dio che si facessi guerra, per- che ancorche havessi fatto ogni prova per non venire ad arme et di poi essendovi venuto con tanti vantaggi, il non haver ha- vuto se non tristi successi non si può attribuire ad altro, ve- nendo la povera christianità afflitta e desolata in modo insoffri- bile ad udirsi da noi medesimi, che quasi eravamo per lassar poca fatica al Turco di fornirla di rovinare, giudicava che nes- sun rispetto humano dovessi per grande che fusse valer tanto che havessi a rimuovere la Stà sua da cercar pace in compagnia d’ogn’ uno, non possendola haver con altri, farsela a se stessa, et massime che in questi pensieri tornorno a interporvisi di quelli avvisi, et nuove dell’ animo et voluntà di Cesare dispo- sto a quello che suol muovere le S. Stà mirabilmente havendo

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Zitationshilfe: Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836, S. 254. In: Deutsches Textarchiv <https://www.deutschestextarchiv.de/ranke_paepste03_1836/266>, abgerufen am 21.11.2024.