Sind sie aber unter einander entzweit, so wetteifern sie dagegen, dem Hofe, der Polizei von Rom sich entgegenzusetzen.
Besonders die Ambassadeurs sind schwer zu behandeln. Allmäh- lig erhoben sie die Ansprüche, welche später so große Irrungen veran- laßt haben. Nicht allein ihren Pallast erklärten sie für eine Frei- stätte, so daß sie daselbst verbotene Spiele gestatteten, sondern sie wollten auch schon die benachbarten Häuser in ihren Schutz nehmen. Monsignor Spada war natürlich dagegen. "Che se si era usata cortesia con i Sri ambasciatori di non entrare nelle case loro e delle loro famiglie, era una troppo grande estensione quella che volevano introdurre hora, che ne anche nelle case vicine e com- prese nella medesima isola si potesse far esecutione."
Historisch das Wichtigste sind zwei Versuche auf das Leben Ur- bans VIII, über die hier mit aller wünschenswürdigen Authentie be- richtet wird.
1. Dal processo di Giacinto Centini, nepote del cardl d'As- coli, e d'alcuni complici -- -- la sostanza era, ch'essendo stato pronosticato ch'al presente pontefice dovesse succedere il car- dinal d' Ascoli, invaghito Giacinto del pronostico e desiderando di vederne prestamente l'effetto havesse trattato con fra Sera- fino Cherubini d' Ancona minor osservante, fra Pietro da Pa- lermo eremita, che si faceva chiamare fra Bernardino, e fra Do- menico da Fermo Agostiniano, di procurare con arte diabolica d'abbreviare la vita a N. Sre, et a quest' effetto fu risoluto di fare una statua di cera rappresentante il papa, come si essequi, e dopo molte invocationi di demonii e sacrificii fattigli la fluire, distruggere e consumare al fuoco, con ferma credenza che di- strutta quella dovesse terminare la vita di papa Urbano e farsi loco alla successione del cardl d' Ascoli zio di Giacinto.
2. La confessione di Tomaso Orsolini da Recanate. Che per instigatione di fra Domenico Brancaccio da Bagnarea Au- gustiniano era andato a Napoli per scoprire al vicere un sup- posto trattato di principi d'invadere il regno di Napoli con in- teressarsi ancora S. Sta, e ch'il rimedio era di far morire uno de' collegati o il papa: al che fare s'offeriva il padre Bagnarea sudetto, mentre se li dessero sc. 3000, quali voleva dare al sa- grista di N. Sre, gia reso inhabile, e succedendo egli in quel carico, li haverebbe posto il veleno nell' hostia ch'avesse dovuto consegrare S. Sta nella messa, o pure quando non fosse succe- duto sagrista, haverebbe operato che lo speciale Carcurasio suo parente, mentre medicava le fontanelle a S. Sta, vi ponesse il veleno: non passo pero ad esprimere al vicere questi partico- lari, poiche havendogli accennato di dover far morire il papa, vide ch'il vicere non si applico.
119.
Gio. Batt. Spada Racconto di Roma.
Sind ſie aber unter einander entzweit, ſo wetteifern ſie dagegen, dem Hofe, der Polizei von Rom ſich entgegenzuſetzen.
Beſonders die Ambaſſadeurs ſind ſchwer zu behandeln. Allmaͤh- lig erhoben ſie die Anſpruͤche, welche ſpaͤter ſo große Irrungen veran- laßt haben. Nicht allein ihren Pallaſt erklaͤrten ſie fuͤr eine Frei- ſtaͤtte, ſo daß ſie daſelbſt verbotene Spiele geſtatteten, ſondern ſie wollten auch ſchon die benachbarten Haͤuſer in ihren Schutz nehmen. Monſignor Spada war natuͤrlich dagegen. „Che se si era usata cortesia con i Sri ambasciatori di non entrare nelle case loro e delle loro famiglie, era una troppo grande estensione quella che volevano introdurre hora, che nè anche nelle case vicine e com- prese nella medesima isola si potesse far esecutione.“
Hiſtoriſch das Wichtigſte ſind zwei Verſuche auf das Leben Ur- bans VIII, uͤber die hier mit aller wuͤnſchenswuͤrdigen Authentie be- richtet wird.
1. Dal processo di Giacinto Centini, nepote del cardl d’As- coli, e d’alcuni complici — — la sostanza era, ch’essendo stato pronosticato ch’al presente pontefice dovesse succedere il car- dinal d’ Ascoli, invaghito Giacinto del pronostico e desiderando di vederne prestamente l’effetto havesse trattato con fra Sera- fino Cherubini d’ Ancona minor osservante, fra Pietro da Pa- lermo eremita, che si faceva chiamare fra Bernardino, e fra Do- menico da Fermo Agostiniano, di procurare con arte diabolica d’abbreviare la vita a N. Sre, et a quest’ effetto fu risoluto di fare una statua di cera rappresentante il papa, come si essequì, e dopo molte invocationi di demonii e sacrificii fattigli la fluire, distruggere e consumare al fuoco, con ferma credenza che di- strutta quella dovesse terminare la vita di papa Urbano e farsi loco alla successione del cardl d’ Ascoli zio di Giacinto.
2. La confessione di Tomaso Orsolini da Recanate. Che per instigatione di fra Domenico Brancaccio da Bagnarea Au- gustiniano era andato a Napoli per scoprire al vicerè un sup- posto trattato di principi d’invadere il regno di Napoli con in- teressarsi ancora S. Stà, e ch’il rimedio era di far morire uno de’ collegati o il papa: al che fare s’offeriva il padre Bagnarea sudetto, mentre se li dessero sc. 3000, quali voleva dare al sa- grista di N. Sre, già reso inhabile, e succedendo egli in quel carico, li haverebbe posto il veleno nell’ hostia ch’avesse dovuto consegrare S. Stà nella messa, o pure quando non fosse succe- duto sagrista, haverebbe operato che lo speciale Carcurasio suo parente, mentre medicava le fontanelle a S. Stà, vi ponesse il veleno: non passò però ad esprimere al vicerè questi partico- lari, poiche havendogli accennato di dover far morire il papa, vide ch’il vicerè non si applicò.
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Gio. Batt. Spada Racconto di Roma.
Sind ſie aber unter einander entzweit, ſo wetteifern ſie dagegen,
dem Hofe, der Polizei von Rom ſich entgegenzuſetzen.
Beſonders die Ambaſſadeurs ſind ſchwer zu behandeln. Allmaͤh-
lig erhoben ſie die Anſpruͤche, welche ſpaͤter ſo große Irrungen veran-
laßt haben. Nicht allein ihren Pallaſt erklaͤrten ſie fuͤr eine Frei-
ſtaͤtte, ſo daß ſie daſelbſt verbotene Spiele geſtatteten, ſondern ſie
wollten auch ſchon die benachbarten Haͤuſer in ihren Schutz nehmen.
Monſignor Spada war natuͤrlich dagegen. „Che se si era usata
cortesia con i Sri ambasciatori di non entrare nelle case loro e
delle loro famiglie, era una troppo grande estensione quella che
volevano introdurre hora, che nè anche nelle case vicine e com-
prese nella medesima isola si potesse far esecutione.“
Hiſtoriſch das Wichtigſte ſind zwei Verſuche auf das Leben Ur-
bans VIII, uͤber die hier mit aller wuͤnſchenswuͤrdigen Authentie be-
richtet wird.
1. Dal processo di Giacinto Centini, nepote del cardl d’As-
coli, e d’alcuni complici — — la sostanza era, ch’essendo stato
pronosticato ch’al presente pontefice dovesse succedere il car-
dinal d’ Ascoli, invaghito Giacinto del pronostico e desiderando
di vederne prestamente l’effetto havesse trattato con fra Sera-
fino Cherubini d’ Ancona minor osservante, fra Pietro da Pa-
lermo eremita, che si faceva chiamare fra Bernardino, e fra Do-
menico da Fermo Agostiniano, di procurare con arte diabolica
d’abbreviare la vita a N. Sre, et a quest’ effetto fu risoluto di
fare una statua di cera rappresentante il papa, come si essequì,
e dopo molte invocationi di demonii e sacrificii fattigli la fluire,
distruggere e consumare al fuoco, con ferma credenza che di-
strutta quella dovesse terminare la vita di papa Urbano e farsi
loco alla successione del cardl d’ Ascoli zio di Giacinto.
2. La confessione di Tomaso Orsolini da Recanate. Che
per instigatione di fra Domenico Brancaccio da Bagnarea Au-
gustiniano era andato a Napoli per scoprire al vicerè un sup-
posto trattato di principi d’invadere il regno di Napoli con in-
teressarsi ancora S. Stà, e ch’il rimedio era di far morire uno
de’ collegati o il papa: al che fare s’offeriva il padre Bagnarea
sudetto, mentre se li dessero sc. 3000, quali voleva dare al sa-
grista di N. Sre, già reso inhabile, e succedendo egli in quel
carico, li haverebbe posto il veleno nell’ hostia ch’avesse dovuto
consegrare S. Stà nella messa, o pure quando non fosse succe-
duto sagrista, haverebbe operato che lo speciale Carcurasio suo
parente, mentre medicava le fontanelle a S. Stà, vi ponesse il
veleno: non passò però ad esprimere al vicerè questi partico-
lari, poiche havendogli accennato di dover far morire il papa,
vide ch’il vicerè non si applicò.
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Ranke, Leopold von: Die römischen Päpste. Bd. 3. Berlin, 1836, S. 432. In: Deutsches Textarchiv <https://www.deutschestextarchiv.de/ranke_paepste03_1836/444>, abgerufen am 25.11.2024.
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